Riflessioni sulla “bolla” degli ETF – seconda parte

Continua dal precedente articolo.

4) Gli ETF a replica sintetica (basata su swap) sono a rischio in caso di fallimento della controparte.

Come anticipato nell’articolo sugli ETF, gli ETF a replica sintetica andrebbero secondo noi semplicemente evitati del tutto, proprio perché aggiungono un rischio inutile ed evitabile nella maggior parte dei casi. Meglio attenersi agli ETF a replica fisica, possibilmente totale.

5) Può davvero l’investitore medio capire il rischio di essere investito in azioni a larga capitalizzazione tramite gli ETF in un momento in cui le azioni (specialmente USA) viaggiano su valutazioni molto elevate?

Più che un rischio degli ETF, lo definirei un rischio generale del mercato azionario. Ed è un rischio che l’ETF aiuta ad affrontare offrendo una vasta diversificazione che normalmente non potresti ottenere comprando semplicemente azioni di singole aziende (se non al costo di esose commissioni per via dei numerosi acquisti necessari).

6) E se fallisse l’emittente dell’ETF? Quali sono i rischi a cui andremmo incontro?

Gli EFT sono a tutti gli effetti fondi comuni d’investimento, dal punto di vista della legislazione. Sono quindi OICR (organismi di investimento collettivo del risparmio) e perciò, notate bene, hanno un patrimonio separato rispetto a quello delle società che ne curano le attività di costituzione, gestione, amministrazione e marketing.
Gli ETF pertanto non sono esposti al rischio di insolvenza neppure in caso di fallimento delle società appena menzionate. Qualora fallisse la società che gestisce un ETF, la gestione passerà a un’altra società o, soprattutto nei casi di un ETF a replica fisica, gli investitori potrebbero vedersi accreditati nel dossier titoli i componenti dell’ETF in questione, come se li avessero comprati separatamente. In ogni caso, a nostro avviso, il fallimento dell’emittente, comunque improbabile, non significherebbe in nessun caso la perdita dell’investimento.

E ora passiamo alla soluzione prospettata da questi “geni” del giornalismo finanziario:

SOLUZIONE: comprare quote azionarie di quelle società che vengono escluse dagli ETF in quanto non appartenenti a nessun indice principale.

Sono azioni a loro dire sottovalutate e quindi appetibili.
Dobbiamo anche spiegarvi perché secondo noi riempire il portafoglio di azioni di piccole aziende, volatili e a rischio fallimento, sarebbe una pessima idea? Certo, se Immo, l’investitore medio, avesse una profonda conoscenza di analisi fondamentale, tecnica e una buona dose di fortuna, forse gli andrebbe davvero meglio rispetto all’aver comprato un buon numero di ETF diversificati… o forse no?

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